giovedì 27 ottobre 2011
The Loved Ones (Sean Byrne, 2010)
Cast: Xavier Samuel, Robin McLeavy
Genere: Horror
Durata: 85’
Paese: Australia
Voto: 8.5
Forse il miglior horror 2010. Suggeritomi dagli immensi “operai” di Nocturno, The Loved Ones è il perfetto incrocio tra la pazzia familiare di Non aprite quella porta e la repressione sessuale di Carrie – Lo sguardo di Satana, entrambi abbattutisi sul povero Brent, belloccio di turno sì ma del tutto in balia di un ineluttabile senso di colpa, ovvero l’aver causato la morte del padre. La sua vita da ignavo, tra l’amore della fidanzata e un incolmabile vuoto, sterza bruscamente quando il padre di una ragazzina sociopatica (a cui Brent ha negato un invito al ballo della scuola) decide di rapirlo. Sedato e vestito a festa, il giovanotto si risveglia nel bel mezzo di una cenetta presieduta proprio dall’allegra famigliola composta dalla ragazza, il padre e la madre lobotomizzata. Le sevizie, accompagnate dalle atmosfere patinate di un parallelo ballo di fine anno, si succedono tra chiodi fissati nei piedi e incisioni sulla pelle per culminare in una goffa trapanatura mirata a ridurre il ragazzo ad un vegetale, quest’ultima tesa a svelare un retroscena narrativo fondamentale per l’itinerario emotivo della vittima. Raccontato così può sembrare il classico torture porn che attinge spudoratamente dai classici anni 70 ma visto l’effetto non sa per nulla di deja-vù. Contribuiscono le prove impressionanti degli attori ma risultano determinanti le caratterizzazioni dei singoli passaggi: il rapporto incestuoso tra padre e figlia, la resurrezione psicologica di Brent e lo scontro finale sulla strada che chiude il cerchio in maniera geniale. Gustoso e terrificante, come non accadeva da tempo. Voto: 8.5.
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Guida ai luoghi comuni del cinema horror
domenica 9 ottobre 2011
Ho vissuto il mio medioevo ma ora sono rinato
A tu per tu con Domenico Melisi, il clown triste di Rewind
A cura di Tommaso Bassiena
Incontenibile simpatia, sorriso malizioso e una faccia da schiaffi su un corpo che ammicca ai prorompenti canoni lasciatici dall’antica Grecia. Tanti, troppi punti di contatto con il “maledetto” Robert Downey Jr., dallo stesso Melisi identificato come guru e modello da seguire, non fosse altro che ad accomunarli c’è un passato costellato da bravate e scelte etiche ai limiti del sopportabile: l’alcool, 27 giorni in una fetida cella di San Vittore e i continui via vai dai centri rehab di Ercolano. Ferite al tempo laceranti, oggi presentatesi quali vive cicatrici quando Domenico ci accoglie nella sua umile dimora stabiese; è in bermuda e ciabatte, sorriso straniante e un ciuffo insolitamente trasandato. Un fisico ancora impeccabile in linea con la recente parentesi da testimonial per Gaultier. S’affretta a nascondere una bottiglia di whisky quando ci lascia accomodare in cucina, è solo e sulla tv scorrono le immagini di un vecchio film di Totò, “L’avrò visto milioni di volte” ci tiene a sottolineare; un’affermazione estemporanea tesa a scoperchiare le sue celebri radici comiche, le stesse che nelle battute finali del XX° secolo gli hanno valso svariate partecipazioni a demenziali sitcom nostrane. Ed è per questo che ci spaventa il suo atteggiamento dimesso. Dov’è finita l’esplosiva verve ammirata in Natale al Circeo e Friends without benefits? Domande, paure, inquietanti preoccupazioni spazzate via in un attimo quando l’intervista comincia e il ragazzaccio dell’Annunziatella rispolvera un’ironia straripante. Un sospiro di sollievo sembra riecheggiare tra le pentole incrostate. “Bentornato Domenico” gli grido silenziosamente, che sia l’alba della riscossa.
Perché hai scelto di interpretare un ruolo fuori dalle tue corde?
Suppongo sia stato un bisogno fisiologico, nel senso che intrappolato in questa maschera di attore comico ho cominciato a pensare di non saper far altro e quindi ho ben pensato di mettermi in gioco ancora una volta dopo i miei trascorsi che tutti voi ben sapete... l'alcool, la droga e il famoso incidente con la torta sbriciolona.
Voci di corridoio ti vogliono quale grande estimatore del cinema espressionista tedesco...
Beh non è un mistero insomma, la mia stessa comicità pone le sue fondamenta tra i grandi classici tedeschi del '33 senza disdegnare le forme più pure di espressionismo... porto come esempio Cabinet des Dr. Caligari opera di pregevole fattura, fino a sforare nel cinema russo de La corazzata Potëmkin, film dal quale ho tratto ispirazione per questo mio ultimo lavoro.
Come è stato lavorare sul set in perfetta solitudine?
Ma vede io quando lavoro non sono mai solo, cerco di immaginare nella scena con me i gradi maestri del passato che come dei silenziosi ciceroni mi spingono a interpretare il ruolo nel modo più consono possibile. Questo porta certamente confusione tra me e i miei collaboratori non ultimo il regista che spesso e volentieri era costretto a partecipare a queste mie conversazioni immaginarie per decide come impostare la scena.
La scena della sparizione della bottiglia è stata girata ben 372 volte. Nell'era del digitale rinunciare agli effetti speciali è una scelta nobile e alquanto insolita...credi che tornare ad un'idea "classica" di cinema sia una mossa vincente?
Questo è un falso storico, io non sono mai stato contro l'effettistica, penso invece che l'uso pedissequo di questa tecnologia abbia col tempo assuefatto lo spettatore, che perde di vista la sinossi della scena e di conseguenza ha costretto gli sceneggiatori a depauperare le loro trame per meglio adattare le storie in favore della spettacolarità. In generale penso sia uno strumento delicato e che debba essere usato con parsimonia, quest'ultima opera usa piccoli effetti speciali per potenziare il significante della scena non per spettacolarizzarla...
Una performance cupa e angosciante. Si narra che dopo il termine delle riprese tu abbia sofferto di insonnia per più di una settimana...
Non posso negarlo (sorseggia una tisana, ndr) del resto sono notizie trapelate giorni fa direttamente dai miei medici i quali si trovano adesso a dover rispondere penalmente per questa mancanza di privacy. Detto questo posso giustificare la cosa solo ammettendo una mia particolare delicatezza; il film è per tutti e tutti possono emozionarsi senza incappare nelle mie problematiche, derivanti comunque dai miei problemi passati che forse la critica ha gentilmente omesso, problemi che mi hanno fruttato il nomignolo di "mesto arlecchino"
Quant'è difficile convivere con un produttore esigente come Umberto De Giuseppe?
Molto... è un rapporto a volte sfiancante, bisogna ogni giorno combattere con la pochezza delle sue idee e anche per il regista non è stato semplice adattarsi ai ristretti mezzi messi a disposizione dal De Giuseppe. Tuttavia la produzione non ne ha risentito molto, sono state fatte scelte cinematografiche che definire vintage sarebbe un futurismo...ma queste sono problematiche di cui parlare in altra sede ora risulterebbero sterili polemiche che abbruttiscono solamente l'evento dell'uscita della pellicola
Mai accreditato di un flirt, mai su un tabloid, mai in una trasmissione della D'Urso. E' vero che da quando hai abbracciato la Fede hai giurato eterna castità?
In realtà ho un rapporto conflittuale con la mia vita privata, cerco di tenere quanto più possibile segrete le mie cose... per rispondere più completamente ti dirò che ho abbracciato la fede sperando si concedesse almeno lei, così non è stato, sembra piuttosto che il genere femminile abbia fatto questa promessa nei miei confronti.
Ma mi resta la Speranza...vediamo se almeno lei me la dà.
Progetti futuri?
E’ presto per parlare del futuro, sono ancorato al presente più che mai, non nego di aspettare il giudizio della critica per vedere se è il caso di proseguire sulla falsariga del cinema serio e d'autore o tornare al primo amore e proseguire la mia professione di intrattenitore comico, in questa pausa forzata bevo molto fumo peggio e mangio come non ci fosse un domani, se la mia vita sregolata non mi accoppa prima mi rivedrete presto in qualche altra produzione.
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