domenica 15 novembre 2009
Vincere (Marco Bellocchio, 2009)
Cast: Giovanna Mezzogiorno, Filippo Timi, Michela Cescon
Genere: Drammatico
Durata: 121’
Ripescata (tramite un documentario passato su Rai3) e portata sullo schermo da Bellocchio, che negli ultimi anni sembra essersi appassionato alla causa politica del nostro paese(bellissimo, sul caso Moro, Buongiorno, notte), Vincere è la rilettura fedele (almeno si presuppone) di una pagina oscura della vita di Benito Mussolini. Il segreto di cui stiamo parlando può tranquillamente assumere le tonalità di uno scandalo; molti ignorano (perché i libri di storia non ne parlano?) che durante i primi anni di “carriera” politica - promotore del socialismo e direttore dell’Avanti - Mussolini (appuntate questo nome per il futuro, Filippo Timi) conobbe Ida Dasler, amante e moglie, da cui ebbe il suo primogenito, Benito Albino. Il figlio fu inizialmente riconosciuto, poi rinnegato in un secondo momento (e gli fu affibbiato un altro nome). Da quel momento inizia il calvario di Ida che disperatamente tenta di rivendicare l’identità del pargolo lottando contro l’inarrestabile regime fascista che nel frattempo cerca di cancellare qualsiasi traccia o legame che possa ricondurre la figura del Duce a quella della donna. Perdendo una battaglia, in realtà mai combattuta, Ida si ritroverà a gridare la sua libertà tra le mura asettiche di un manicomio. Condotta gradualmente alla follia resterà vividamente lucida per non scendere a compromessi col sistema. Sullo sfondo l’ascesa del Duce inframmezzata da vecchi reperti storici; tra i quali il celebre “Vincere… e Vinceremo!!”. Oggi si condanna con qualunquismo l’ideologia politica di Mussolini e di tutti i cittadini che l’hanno osannato, ma è fondamentalmente innegabile riconoscergli le doti oratorie e carismatiche impiegate nelle sue teatrali performance. Dovremmo chiederci che tipo di ascendente avrebbe avuto su di noi se invece di nascere negli anni ‘80 fossimo nati negli anni ’20. Avremmo deriso le parole del Duce o avremmo guardato da una piazza lassù in alto verso quel balcone con espressione estasiata?? Voto – 7.5
giovedì 12 novembre 2009
Questione di cuore (Francesca Archibugi, 2009)
Cast: Kim Rossi Stuart, Antonio Albanese
Genere: Commedia
Durata: 104’
Nessun film d’amore. Nessun gateau smieloso. Nessuna stupida paccottiglia. Il cuore del titolo è quell’organo pulsante, il motore della vita, che se smette di sbattere allora son guai. Lo sanno bene Alberto ed Angelo, colti all’unisono da un infarto tremendo, che trovando ricovero nella stessa stanza d’ospedale ne approfittano per stringere un’amicizia dai toni eroici. Il primo - un incredibile Antonio Albanese – è un ottimo sceneggiatore, specializzato nell’immaginare la vita altrui, che conosce tanta gente (Carlo Verdone e Stefania Sandrelli nel ruolo di sé stessi), ma di veri amici neanche l’ombra. L’altro, l’oramai apprezzato Kim Rossi Stuart, è un carrozziere con la passione per le auto, meno bravo nel dialogare ma sostenuto dalla quintessenza dei valori famigliari. Impareranno tantissimo l’uno dall’altro. Tra sorrisi, lacrime e riflessioni sul senso della vita si inizia sulle note del dramma comico per giungere tra le pieghe abissali della commedia drammatica; come ci ritroveremo tutti un giorno dinanzi alla morte? Questa è la domanda. Voto – 7.5.
martedì 3 novembre 2009
Fortapasc (Marco Risi, 2009)
Dopo Biutiful Cauntri (2007), documentario shock sullo “stoccaggio” dei rifiuti tossici in Campania, ancora un titolo “partenopeizzato” che suona come un epitaffio. “Non siamo a Fort Apache” – grida il sindaco di Torre Annunziata dopo l’ennesima strage di camorra. Di certo lo era Giancarlo Siani (Libero De Rienzo), cronista “abusivo” per Il Mattino, che il 23 settembre 1985 fu ucciso dai sicari della camorra mentre era di ritorno a casa a bordo della sua Citroen Mehari. Un’auto verde quasi da safari, dal tetto scoperto; un paradosso per chi corre tra la vita e la morte. Siani, morto a 26 anni, aveva ficcato il naso in faccende bollenti rischiando di scottarsi. Più che infastidire i vertici della camorra aveva osato scuotere i Palazzi: appalti sospetti, alleanze collaterali, carabinieri inermi e una gragnola di omicidi. Marco Risi (figlio di Dino, a cui il film è dedicato) ci restituisce l’immagine fragile di un ragazzo (in)cosciente delle proprie azioni, scomodo. Alla Peppino Impastato. In quel caso a storcere il naso erano I Badalamenti, qui sono i Gionta, i Bardellino e i Nuvoletta. Un po’ troppo per un giovane neanche trentenne, dal volto pulito. La camorra vive di sfarzi, di riti plateali, di enfatiche tradizioni mentre il popolo ascolta, adora, idolatra e marcisce dentro. E Siani lottava contro il silenzio, spinto da una matta voglia di raccontare, forse inconsapevole del senso intrinseco dei propri gesti. Il capo (Ernesto Mahieux) l’aveva avvertito :”Tu devi parlare di cronaca nera, non di camorra”.
Marco Risi compie un lavoro onesto sfoggiando un certo (ab)uso del flash forward (montaggi alternati tra due scene che si svolgono in luoghi e tempi diversi – vedere l’inizio di 36 Quai des Orfevres per capire) e dando il meglio di sé nella riproposizione della strage di Sant’ Alessandro (26 agosto 1984) quando un gruppo di killer, assiepato in un autobus, falcidiò il clan dei Gionta uccidendo 8 uomini. Dinanzi a film del genere è sempre difficile attribuire un giudizio disincantato. L’eroe che combatte contro i mulini a vento è il valore aggiunto di qualsiasi ritratto epico e congelare le emozioni risulta impossibile. Servirà tutto ciò a scuotere le coscienze? Io dico di no. Ma il cinema non ha l’obbligo di lasciare un messaggio. Il cinema va amato per quello che è. Voto 8.
domenica 1 novembre 2009
Notorious B.I.G. (George Tillman Jr., 2009)
Vita, morte e “miracoli” discografici di Christopher Wallace, in arte Notorious B.I.G., ucciso a sangue freddo la notte del 9 marzo 1997 all’uscita da una festa tenutasi in un locale di Los Angeles. Il rapper, amico di Sean “Puff Daddy” Cumbs, fu solo una delle celebri vittime della faida tra East e West Coast, che negli anni ’90 si contendevano la paternità del rap. L’altro grande caduto della guerra tra “ideologie” musicali porta il nome di Tupac Shakur, anch’esso assassinato a bruciapelo poco tempo prima del collega Notorious. George Tillman Jr., prendendo in prestito i paradigmi classici del genere, con l’oramai strausato plot circolare (l’incipit corrisponde al finale), cerca di far luce proprio sull’amicizia tra Christopher Wallace e Tupac Shakur, spezzata probabilmente da un pestaggio ai danni di quest’ultimo ordinato da chi voleva aizzare la rivalità tra i due. Il mistero resta comunque. Da contorno una carriera criminale da enfant prodige: sesso, spaccio di droga e rap freestyle scostano l’obiettivo dal ritratto agiografico. Il Gangsta’s Paradise cantato da Coolio non è poi così lontano. Penalizzati dal doppiaggio ma senz’altro bravi gli attori; Jamal Woolard incredibilmente somigliante al protagonista, Derek Luke nel ruolo scomodo di Puff Daddy (ora Diddy) e Angela Bassett che dà vita alla madre di Wallace, vera vittima della vicenda e co-produttrice del film. Puff Daddy ricordò Notorious B.I.G. con la bellissima I’ll be missing you, rivisitazione R&B di un capolavoro dei Police, Every breath you take. Voto 6.
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