domenica 25 ottobre 2009

La notte non aspetta (David Ayer, 2008)

Storie di distintivi bagnati nel sangue. Per servire e proteggere. E in questo caso voglio proteggere voi spettatori. Non fatevi ingannare dal titolo, la notte può aspettare, soprattutto se in mezzo ad una storia ricca di topoi (detective corrotti, complotti abominevoli e bande latine) manca il cuore. I Padroni della notte - quello si che era un film - un sudicio viaggio nel mondo suburbano della giustizia “malavitosa”, al confronto è un capolavoro (no che non lo sia). David Ayer, aiutato in fase di sceneggiatura da James Ellroy (come rovinarsi una carriera), muove la macchina da presa con la stessa inutilità di un cappotto ai Caraibi. Il cast sarebbe anche promettente, ma l’illusione è rapida quanto il battito d’ali di un colibrì: Keanu Reeves sembra chiedersi “chi cavolo me l’ha fatto fare”, Forest Whitaker (L’ultimo re di Scozia) è sprecato in un ruolo alquanto convenzionale e Hugh Laurie sfoggia tutti i suoi vezzi doctorhousiani. Il film sbraita in un ping pong di tradimenti annunciati cercando invano di non affondare e culminando in una sorta di redenzione evangelica, ma quando la pelle non si accappona allora qualcosa non va. Forse al termine anche voi esclamerete “Chi cavolo me l’ha fatto fare”. Voto – 4.5.

lunedì 12 ottobre 2009

Unbreakable (M. Night Shyamalan, 2000)

A poche settimane dall’assorbimento della Marvel per conto della Walt Disney è quanto mai sensato parlare di fumetti. Le due grandi “case” concorrenti sono note ai più: la Dc Comics (Batman) e appunto la Marvel (Superman, Spiderman, X-Men, ecc.). Il nuovo millennio ha partorito una miriade di film sul genere(prequel, sequel, spin-off), e in cantiere ne risultano altrettanti, cavalcando la recente brama generazionale in cerca di eroi; alcuni hanno colto il bersaglio (gli ultimi Batman di Christopher Nolan e i primi due capitoli X-Men), altri hanno toppato alla grande (Daredevil, The Spirit, Catwoman, Superman returns) e in mezzo ci sono quei film come Spiderman che a parer mio si travestono abilmente da capolavori quali non sono. Tra l’accozzaglia pochi hanno mostrato cosa si nasconda dietro un eroe, chi o cosa lo renda tale. La propria genesi non può limitarsi a una puntura d’insetto o una mutazione radioattiva. Batman begins ne è stata la conferma; chi era Bruce Wayne prima di diventare l’uomo pipistrello? Ma l’opera che più di tutte ha saputo raccontare la genesi di un superuomo, paradossalmente, non è tratta da alcun fumetto; Unbreakable, a un anno di distanza dall’incredibile e meritato successo di The Sixth Sense, narra le gesta di David Dunn (Bruce Willis), addetto alla sicurezza allo stadio di Filadelfia, che risulta essere l’unico superstite di un tragico disastro ferroviario. Impossibile capire come sia possibile che sulla sua pelle non ci sia alcun graffio. In suo “soccorso” arriverà un ambiguo collezionista di fumetti, Elijah Price (Samuel L. Jackson), un uomo fisicamente fragile a causa di una rara malattia, e per l’appunto considerato “dalle ossa di cristallo”. I loro destini si incroceranno indissolubilmente a svelare la natura etica e il significato ultimo dei due outcast. M. Night Shyamalan, non a caso tra i miei registi preferiti, ha una dote banale ma essenziale: scavare tra le pieghe dell’animo umano senza mai adoperare soluzioni facili, anche il silenzio diviene veicolo di narrazione ultraterrena. Il colpo di scena finale (marchio di fabbrica) è stupendo. Unbreakable è stato ampiamente sottovalutato e paga quello scetticismo che dagli esordi aleggia nei confronti del cineasta indiano, tramutatosi ingiustamente in indifferenza dopo The Village, Signs e Lady in the water e commutato in esiguo rispetto dopo il recente E venne il giorno. M. Night Shyamalan a causa del suo cinema dai temi estremi non ha mezze misure: o lo si odia o lo si ama. Io consiglio a tutti di ripescare Unbreakable almeno per trovare una nuova chiave di lettura su un genere che ultimamente sembra stia sfornando un “attacco dei cloni” con tanti fumettoni che si passano il testimone in un eterno e sbiadito refrain. Voto: 9.

domenica 11 ottobre 2009

Il trittico all’italiana

In barba a chi sostiene che il cinema italiano sia in crisi vi propongo tre film d’autore:
Il papà di Giovanna (Pupi Avati, 2008): Pupi Avati è sinonimo di garanzia. Raramente chi sceglie il regista bolognese resta deluso. Vedere La seconda notte di nozze per credere perché Il papà di Giovanna è sulla stessa lunghezza d’onda. Sullo sfondo dei primi sfaceli razziali del fascismo osserviamo il rapporto doloroso tra Michele (Silvio Orlando), padre premuroso e insegnante di liceo, e la figlia Giovanna, ragazza dal dark side quanto mai esplicito. Un giorno, che cambierà la storia di entrambi, Giovanna uccide per gelosia la sua migliore amica. Di qui ha inizio il viaggio tra i meandri oscuri dell’animo umano: mentre il mondo intorno implode rovinosamente, l’amore per una figlia vive al di fuori di qualsivoglia dimensione spazio-temporale. Chapeau. Voto 9.
La giusta distanza (Carlo Mazzacurati, 2007): in un paesino desolato dalle ossidate gerarchie arriva una giovane ed avvenente insegnante che attira suo malgrado le attenzioni dell’intera comunità. In molti ci proveranno con lei: chi in modo viscido, chi riesumando i “fasti” del romanticismo. A spuntarla sarà un meccanico extracomunitario. Poi un giorno il sogno si spezza: il corpo senza vita della ragazza viene ritrovato sulle sponde del lago. Inutile sottolineare su chi cadano le colpe. Fil rouge dell’intera storia è un giornalista in erba, non di certo un eroe tout court, dato che scartabella tra le e-mail della protagonista, ma con il pregio di sbrigliare abilmente (anche se purtroppo in ritardo) la matassa, salvando la memoria di chi ha pagato a caro prezzo le conseguenze di una società arcaica. Altro che il sopravvalutatissimo La ragazza del lago. Voto 7.5.
Il pranzo di ferragosto (Gianni Di Gregorio, 2008): supportato in fase di distribuzione da Matteo Garrone (regista di Gomorra), Il pranzo di ferragosto è quasi un instant movie ambientato tra il 14 ed il 15 agosto: il protagonista è un uomo di mezz’età che vive in compagnia della sua anziana mamma, fin quando un giorno per una serie di coincidenze si ritrova a dover ospitare altre 3 vetuste signore (abbandonate momentaneamente dai parenti vacanzieri).Dinanzi ai nostri occhi si presenta una galleria degli orrori; dalla mamma che appare come una mummia in cerca dell’eterna giovinezza alla “rimbambita” ostinata a ripetere sempre le stesse passando per la “libertina” a caccia di divertimento. Non è riduttivo parlare di freak-show (e il cast, senza grandi nomi, è comunque stratosferico). Si sorride e si scherza sul tema dell’anzianità e sull’accezione di maturità: il trascorrere degli anni ci aiuta a crescere o a tornare bambini? Voto 8.