martedì 27 luglio 2010

Ring 2 (Hideo Nakata, 2005)



Cast: Naomi Watts, David Dorfman, Simon Baker, Sissy Spacek
Genere: Horror
Durata: 110’
Titolo originale: The Ring two

La saga di The Ring tra gli originali giapponesi e i remake a stelle e strisce è particolarmente ingarbugliata. L’Hideo Nakata in questione è colui che ha dato vita ai primi due capitoli giapponesi, Ringu e Ringu 2, entrambi tratti dai libri di Koji Suzuki. Poi è stato convocato dai produttori hollywoodiani i quali gli hanno gentilmente chiesto di rifare il suo stesso film (un po’ come il Funny Games di Haneke, guarda caso anch’esso con Naomi Watts) continuando lì dove il collega Gore Verbinski aveva concluso. Ora stare qui a spiegare perché un film popolato da anonimi volti orientali venga rifatto a distanza di pochi anni con l’unica differenza che gli occhi a mandorla cedono il passo a grossi, fieri, libidinosi sguardi alla Zio Sam risulta superfluo e quanto mai banale. Ringu 2 è il richiamo alle armi di Samara; la mammina Rachel credeva d’averla fatta franca dopo essere stata involontaria artefice del trapasso del suo ex a cui aveva fatto vedere una copia della maledetta vhs. Ma non è bastato scappare col figlioletto Aidan, trasferirsi a Seattle e scalciare il marcio sotto il tappeto. Samara e i suoi capelli neri effetto mocio corrono tra i banchi di un mercatino di videocassette. La ragazzina dal passato nefasto è tornata e questa volta, pur d’accasarsi e trovare una mamma disposta a non ammazzarla, sembra voglia impossessarsi del piccolo e mefistofelico Aidan. A noi spettatori dopo 10 minuti verrebbe da suggerire: “E prenditelo pure sta specie di bambino con la faccia da scimpanzé!” ma purtroppo la dolce Rachel (Naomi Watts quand’era in carne e gnocca) non è affatto d’accordo anche se per un attimo tenta di affogarlo nella vasca, non si sa se per sbaglio o per esaudire il nostro grido d’aiuto. La trama denota la stessa scansione temporale del primo capitolo con morte dell’aspirante consorte (il Simon Baker di The Mentalist) verso il settantesimo minuto, apparizione di animali impazziti e scena madre nel pozzo del martirio. Ora la differenza sostanziale col capitolo precedente sta tutta nel ruolo rivestito da Samara; interessante, misteriosa, supplichevole nel primo, odiosa, insopportabile e purtroppo onnipresente nel secondo. Il rapporto madre-figlio è sin troppo unilaterale per ispirare tenerezza e il gesto estremo nel nome dell’amore materno ha ben altra caratura emotiva in quel capolavoro che è Dark Water. Acqua, appunto. Elemento portante qui come in tutto l’horror orientale; è ovunque e in ingenti quantità. Chiedetelo al bambino, o a quel vecchietto rinchiuso nel corpo di un marmocchio di 8 anni, che in più di un’occasione si ritrova ammarato nella vasca!! Voto – 5.5.

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