sabato 25 settembre 2010
The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair (Daniel Myrick, Eduardo Sanchez – 1998)
Cast: Heather Donahue, Michael C. Williams, Joshua Leonard
Genere: Horror (nel valore assoluto del termine)
Durata: 81 interminabili minuti
Paese: Usa
140 milioni di dollari incassati negli States e 8 milioni di euro nel nostro paese, al cospetto di una modesta spesa di 35.000 dollari. Questo l’assunto, accompagnato da semplici cifre, che potrebbe sintetizzare l’idiozia del genere umano. Come può un film, scusate, un bidone come The Blair Witch Project aver racimolato tanti quattrini? Come? Eh? Giusto, avete ragione, è accaduta medesima cosa con Paranormal Activity; marketing mediatico, l’aver spacciato il tutto per una storia vera e l’alto tasso di dabbenaggine dello spettatore medio. Poi tu, ingenuo boccalone, esci dal cinema conscio d’aver visto una cazzata e, pur di non fare figure di merda e passare per “colui-che-si-è-fatto-fregare-dai-trailer”, ostenti soddisfazione con singolare spocchia e suggerisci al tuo migliore amico che codesto è un capolavoro. Poi il tuo migliore amico va al cinema, vede il film, s’accorge che è una cazzata e, pur di non fare la figura di merda di “quello-che-si-è-fidato-come-un-pollo-di-TE”, suggerisce al suo migliore amico (ahimè non sei TU!!) che questo è un film che va assolutamente visto. Ed ecco spiegato in 5 righe come nasce il Passaparola. Ciò che non si spiega è perché io abbia rivisto questo film dopo 12 anni?! Forse la brama di conoscenza, voler capire come sono nati i molteplici “figli” dell’handycam movie quali Rec, Diary of the Dead, Cloverfield e purtroppo Paranormal Activity. E cosa ho dedotto? 3 cose: 1) esistono film che possono risultar lunghi e infiniti anche durando soltanto 81 minuti 2) una persona vista in primo piano può essere davvero immonda 3) la mia psiche non era pronta a tale calvario visivo. Sorvolando sul fatto che i due registi a quest’ora sguazzino nell’oro su un attico di Las Vegas scortati da 8 puttanoni olandesi, detto con un panegirico intriso di rabbia e forse invidia The Blair Witch Project è uno di quei film la cui trama potete tranquillamente seguire mentre con una mano infornate un soufflé, con l’altra preparate una Pina Colada, senza disdegnare nel frattempo un paio di lezioni di balli latinoamericani con la musica a palla; insomma un po’ come vedere una puntata a caso di Beautiful. Ora dovrei pure raccontarvi la trama???!!! Voto: 3.
Domanda del secolo: Come sono stati spesi i 35.000 dollari di budget?
Costo tenda da campeggio – 1000 dollari
Stipendio attori – 500 dollari (voglio sperare non siano di più vista l’esibizione da recita di fine anno)
Mappa – 30 dollari
Effetto muco nasale della protagonista – 15 dollari
Mazzarelle di legno disposte a forma di stella – 4 dollari
Dove è finito il resto del budget???
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sabato 18 settembre 2010
The Cove (Louie Psihoyos, 2009)
Genere: Documentario
Durata: 92’
Questo non è un film horror. E’ molto peggio. Ogni anno, tra settembre e marzo, nella baia di Taiji (Giappone) i pescatori del luogo catturano un tot di delfini da vendere ad emissari-ammaestratori spediti da tutti delfinari del mondo. I delfini scartati, perché per nulla somiglianti a Flipper, vengono radunati nella spiaggia adiacente, detta Il Covo, ove i pescatori provvedono letteralmente a sterminarli. Ne muoiono 23mila l’anno. Una mattanza a cui cerca di porre un freno Ric O’Barry, addestratore in tenera età proprio sul set di Flipper, passato dall’altro lato della barricata dopo aver assistito al “suicidio” di un delfino che nottetempo smise di respirare tra le sue braccia (il respiro per i delfini è un gesto volontario). Ric ci mette il cuore creando un equipe composta da atleti esperti in tutti i campi: da una coppia di sommozzatori ad alcuni tecnici capaci di infilare una telecamera HD in una simil-roccia. E non fa niente se l’ex addestratore di Flipper sia bandito dal congresso annuale tenuto da esponenti provenienti dall’intero globo, dove il Giappone, rappresentato da un personaggio di raro squallore etico, fa la parte del leone fuorviando norme fuorviabili e corrompendo, in cambio di voti, paesi sconosciuti ai più quali Dominica e altri la cui esistenza ignoravo sino ad ora. In più, quale fattore deterrente a tale scempio, ci sarebbe un reale rischio per la salute del popolo nipponico. La carne di delfino contiene una percentuale di mercurio dannosissima per le donne in stato di gestazione. Quella che potrebbe sembrare una semplice teoria è in realtà un dato di fatto testimoniato da una Sindrome che, in tempi non sospetti, colpì svariate città causando disturbi di natura psicofisica a un elevato numero di bambini (qui le parole di un padre distrutto straziano il cuore). E quindi risulta ancora più sconcertante l’idea del sindaco di Taiji di distribuire gratuitamente carne di delfino nelle mense scolastiche, per ricordare alla plebe che mangiare delfini è un’abitudine alimentare la cui tendenza nessun occidentale potrà invertire. Insomma i fattori per lo stop al massacro sussistono e sono innumerevoli. Ma a parte qualche illustre licenziamento non è cambiato nulla. Cinematograficamente qualche passaggio retorico c’è (delle canzoncine “tipiche”) ma nulla in confronto al messaggio ambientalistico inviatoci da O’Barry. Se avete qualche dubbio rivedete all’infinito quegli ultimi maledetti 4 minuti fin quando quel mare rosso sangue non vi entrerà nella testa tormentando i vostri sogni. Non c’è peggior incubo della realtà. Nessun essere vivente merita di morire in quel modo, che sia un delfino o un maiale. Come ci ricorda la nomenclatura finale la mattanza riprenderà a settembre. Almeno ché noi non la fermiamo. O almeno ché non la fermi tu. Voto: 9
Indirizzi internet di riferimento: takepart.com/thecove www.opsociety.org
sabato 11 settembre 2010
Chi sei? (Ovidio Assonitis – Roberto D’Ettore Piazzoli, 1974)
Cast: Juliet Mills, Richard Johnson, Gabriele Lavia, David Colin jr.
Genere: Horror
Durata: 110’
Paese: Italia
Altro Titolo (per il mercato Usa): Beyond the door
Jessica Barret, moglie di un ambizioso discografico (quest’ultimo un incrocio tra l’arrangiamento malriuscito di Donald Sutherland e un pivello John Holmes) e madre di due bambini incredibilmente scapestrati, scopre di essere pregna, nonostante le ovvie precauzioni, per la terza volta. In grembo (tras)porta un bambino che si prospetta debba essere l’Anticristo. Ciò è confermato dall’irregolare e frettoloso decorso della gravidanza e dai repentini, oltremodo inquietanti sbalzi d’umore di Jessica (se si può parlare di semplici sbalzi d’umore quando una persona divora una buccia di banana raccolta dall’asfalto). In soccorso della famiglia Barret giunge un uomo misterioso, tale Dimitri - morto anni addietro in un incidente stradale - che sostiene di poter curare la donna. Dimitri è in realtà in missione per conto del Diavolo con cui ha stretto il cosiddetto “patto” per il quale lui ha l’obbligo di vegliare su suddetta gestazione in cambio di una nuova vita tra i mortali. La trama è senza dubbio incasinata e difficile da riassumere, eppure l’agile montaggio e una regia sfrontata rendono il tutto più scorrevole tra momenti angoscianti e scene riuscitissime (vedi l’occhio basculante e la versione demoniaca di Toy Story). Il meglio è purtroppo tutto concentrato nella prima parte quando il plot si concentra sul mondo inascoltato e tenebroso dei bambini strizzando l’occhio a Rosemary’s baby - ma prendendo saggiamente le distanze dall’inarrivabile sceneggiatura paranoica del capolavoro di Polanski - per poi vacillare negli ultimi 40 minuti ove scende in campo una rivisitazione copia-e-incolla di L’Esorcista (con vomito verde, lievitazione, risatina sarcastica, voce alterata e quant’altro). Chi sei? (che al tempo registrò negli States ottimi incassi) non è soltanto un’inquietante domanda ma un horror da ripescare comunque a tutti costi per quel taglio naif tipico del “film italiano girato all’estero” e per i suoi modi spicci ma efficaci, oggigiorno ahinoi accantonati dai fautori dell’Horror Possessivo-Demoniaco. Voto – 7+
Curiosità: la CG Home Video proprio in questi mesi (esattamente dal 13 luglio) ha distribuito il film dell’accoppiata Assonitis-Piazzoli nell’ambito di un progetto più ampio mirato a deliziare i cinefili più avidi. In uscita anche Satanik, Keoma (di Castellari), gli Zombi di Lucio Fulci, Fragasso, Lattanzi e Girolami (questi ultimi a Ottobre) e altri introvabili titoli.
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sabato 4 settembre 2010
Ombre dal passato (Masayuki Ochiai, 2008)
Cast: Joshua Jackson, Rachael Taylor, Megumi Okina
Genere: Horror ParaOrientale
Durata: 85’
Paese: Usa
Titolo originale: Shutter
Avevo una stima di Pacey – Joshua Jackson ai tempi del liceo; quando stringeva fragorosamente la mano a quel romanticone fallito di Dawson, giurandogli amicizia eterna, mentre con l’altra mano gli soffiava e trombava la relativa ragazza dei sogni, Joey; il tutto, la promessa e il furto, con la medesima e arguta faccia da culo. In fondo noi ragazzini privi di tatto, invidiosi e goduriosi nel vedere capitolare i fragili sentimenti di Dawson esplodevamo in un boato di gioia dinanzi a cotanto cinismo. Pacey era il silenzioso e bastardo paladino inviato nel nostro tubo catodico con l’unico intento di gabbare quei trasognanti studenti dediti al culto dell’ars amandi, nella sua accezione più tenera. Pacey, lo sterminatore dei buoni di cuore. Pacey, il ragazzo nel quale tutti vorremmo reincarnarci. Pacey, personaggio che avrebbe meritato come minimo uno spin-off. Non è andata purtroppo così. Joshua Jackson un’uggiosa sera di marzo è uscito di casa e ha deciso di cimentarsi con il cinema, e in particolar modo con l’horror (Cursed – Il maleficio, Urban Legend), scoprendo sulla propria pelle che dinanzi a lupi mannari, leggende metropolitane e fantasmi cinesi fare il Pacey non funziona più. Assumere la consueta faccia da schiaffi aspettandosi un tornaconto di natura sessuale nel nostro amato genere appare totalmente fuori luogo. Pacey, sorry Joshua Jackson, dimostra tale teorema anche in questo film, remake Usa di un horror thailandese firmato da un regista giapponese (non è una barzelletta), dove interpreta un fotografo in viaggio di lavoro a Tokyo con la consorte (Rachael Taylor). Le ombre dal passato (traduzione all’italiana di Shutter) sono quei simpatici spiritelli che fanno capolino nelle istantanee messe a segno dalla coppietta. In particolar modo c’è un fantasma che sembra accanirsi sui due, una ragazza dal misterioso passato in cerca di vendetta e/o attenzione (il dilemma amletico degli horror orientali). Chi sarà mai?; se siete attenti lo capite dopo 10 minuti. Se siete distratti dopo 30. La trama sarebbe sulla carta interessante, il film è su celluloide una merda. Pleonastico raccontarvi gli effetti speciali inutili e quel senso di monotonia arrecato dalle continue apparizioni dell’entità. Superfluo elencarvi le scene scult (il fantasma scovato a suon di flash) o i cliché del genere (il riflesso nel vetro del treno). Banale star qui a dirvi che la sceneggiatura (con gli stessi snodi narrativi di The Ring) zoppica vistosamente e va a impantanarsi in un irritante tedio che a confronto di tensione Riflessi di paura con Kiefer Sutherland fa la figura di Full Metal Jacket. Insomma di pregi neanche l’ombra; né dal passato, né dal presente. Un solo consiglio può tornar utile: attenzione alle donne che frequentate, occhio quando dovete mollarle, possono restarvi sul groppone per tutta la vita. Voto – 4.
Se qualcuno di voi in ascolto ha la sfortuna di vedere questo film può gentilmente spiegarmi il senso dell’urlo straziante all’apparire dei titoli di coda????? Grazie!
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