Cast: Clive Owen, Clarice Von
Houten, Daniel Bruhl, Ella Purnell
Genere: Horror
Durata: 103’
Paese: Spagna
Voto: 6.5
Spagna: in una notte da tregenda
un mostro incappucciato irrompe nella stanza del piccolo e indifeso Juan con
l’intenzione di rapirlo. Il bambino, al culmine di una fuga disperata, è tratto
in salvo dalla mamma; poi all’improvviso si sveglia. Un sogno o forse no? Fatto
sta che la madre, poco propensa nel qualificare come reali le fobie del figlio,
trova aiuto nel giovane Padre Antonio. Inghilterra: l’operaio John Farrow e la
figlia dodicenne Mia vivono un rapporto esemplare, al confine dell’empatia, fin
quando la ragazzina scova nell’incavo di un albero una scatola di legno
contenente un foglio sul quale è narrata la leggenda di Hollowface, uomo senza
volto alla ricerca di connotati che possano donargli finalmente un’identità.
Tale scoperta sembra risvegliare il mito di Hollowface, nel quale è destinato
ad imbattersi proprio John Farrow. Va subito sottolineato che la sceneggiatura,
scritta da Casariego e Marques, è tutt’altro che convenzionale: oltre ad
un’interessante narrazione parallela, e l’automatico contrasto “ambientale” tra
una realtà degradata ed una ben più agiata, il racconto non vive esclusivamente
delle paure dei due pargoli, anzi affonda le proprie radici nel passato dei due
genitori, qui non relegati a figure di contorno bravi esclusivamente
nell’ignorare le richieste d’aiuto del figlio di turno, ma veri e propri
personaggi chiave (dove la parte del leone spetta a Clive Owen) per la
comprensione tout court dell’intera storia. Che ci sia qualche fantasma dal
passato a rivendicare gloria è chiaro sin dall’inizio e i proseliti doc
dell’horror saranno bravi nell’anticipare di una decina di minuti l’ovvio colpo
di scena finale (passaggio oramai obbligatorio del genere). Se il twist appare
affascinante, gettando nuova luce sul rapporto temporale delle due storie, il
sottofinale è al contrario macchinoso e prolisso nel volerci forzatamente
illustrare i passaggi visti in precedenza, (s)cadendo poi in una poetica da
latte alle ginocchia. Onestamente dall’autore del cinico e bellissimo 28
settimane dopo mi aspettavo maggior cattiveria; a dire il vero di cattiveria ce
n’è ma Fresnadillo si ferma un attimo prima di darci il colpo di grazia. Una
forma dolce e romantica di compassione, che noi aficionados non possiamo affatto
“compatire”. Voto. 6.5.
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