sabato 10 marzo 2012

Delirio di sangue (Sergio Bergonzelli, 1988)



Cast: John Philip Law, Gordon Mitchell, Brigitte Christensen, Olivia Link
Durata: 88’
Genere: Trash Pseudo Horror
Paese: Italia
Voto: 5

Ce l’ha messa tutta Sergio Bergonzelli per sfornare una mostruosità del genere ed accaparrarsi il titolo di leader maximo del trash tricolore. Apprezziamo lo sforzo ma Blood Delirium resta distante anni luce dai monumentali Il Bosco 1, La croce delle sette pietre e Paganini Horror. Eppure gli ingredienti per far bene sussistono. Analizziamoli partendo da quelli pro-trash. Trama: dopo la morte della moglie Christine, pianista “leggermente” ossessionata dal Delirium di Brahms, il pittore Saint Simon, definito nonsisaperchè l’erede ideale di Van Gogh, entra in uno stato confusionale che soltanto l’arrivo della dolce e masochista Sibille (guarda caso identica alla moglie, guarda caso pianista e guarda caso fissata per il Delirium) potrà spezzare. La giovane fanciulla senza pensarci più di tanto abbandona il pleonastico fidanzato per trasferirsi nella dimora del sofferente pittore che, nel frattempo, tentando di aiutare il depravato servitore Hermann nell’occultamento di un cadavere scopre il colore perfetto, ovviamente quello del sangue. Finale salvifico con visioni mistiche e consigli dallo spazio infinito. Sceneggiatura sostanzialmente delirante non soltanto nel titolo. Cast: nonostante John Philip Law si sforzi nel trasmetterci la follia del pittore maledetto che dipinge sferzando l’aere con tartaree pennellate, risultando detentore di un’incisività fisiognomica pari a quella dell’uomo di Cro-Magnon, c’è però chi riesce, come Gordon Mitchell, a fare di meglio (o peggio?). Sono suoi tutti i momenti trashissimi del film. Al di là degli 820 primi piani buttati qui e lì come messaggi subliminali (data la marmorea espressività potrebbe benissimo essere un refrain dello stesso ciak) regna il sospetto che il cachet di Mitchell sia da valutare in libido, in quanto trascorre il 90% del film palpeggiando tette o divaricando gambe, diciamo molestando delle donne in generale, vive o morte esse siano. Il restante 10% è un digrignar di denti, come ai bei tempi di Aborym. Erotismo(??): se la valuta horror scarseggia vistosamente Bergonzelli sembra aver trovato la sua raison d’etre nel pecoreccio più grossolano. Verrebbe da dire “il nudo abbonda sulla bocca di Mitchell” perché qui in quanto a zizza-time ce n’è per tutti i gusti, dai seni floridi a quelli burrosi passando per il celeberrimo pelo pubico. Elementi pedissequamente manipolati e sballottati dal Charlton Heston dei poveri. Elementi Contro-trash. Sangue: in un trash non può mancare l’effetto splatter, soprattutto se allestito con quattro soldi. Almeno uno di questi deve timbrare il cartellino: una testa di cartapesta con etichetta che esplode senza motivo (Il bosco 1), qualche atto di cannibalismo (Virus, e non fa niente che le scene erano rubate da un altro film) e una pietanza disgustosa a scelta (Troll 2). Nel Delirio di Bergonzelli di emoglobina non vi è alcuna traccia; un graffietto al massimo, a bordo tetta. A confronto Toy Story sembra Non aprite quella porta. I Dialoghi: come ogni scult che si rispetti l’ignominia di un film è da quantificare in proporzione alla bassezza/ridondanza/illogicità dei suoi dialoghi. Per fare un esempio la vetta in questo settore è stata toccata da Paganini Horror. In Delirio di sangue di dialoghi ne sono stati scritti due, poi fotocopiati in ogni pagina del copione: 1) la metafora delle fiammelle che si uniscono (pronunciata sempre con le stesse parole) 2) una disquisizione trascendentale su l’altro te (“sono l’altro te quindi io sono te e tu sei me…”). Allucinante. Ripeto, ce l’ha messa tutta Sergione ma il trash non abita qui. Gordon Mitchell?? Lui sì che è di cattivo gusto. Voto: 5.

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