venerdì 14 gennaio 2011

Hereafter (Clint Eastwood, 2010)



Cast: Matt Damon, Cécile de France, Bryce Dallas Howard, Thierry Neuvic, Frankie McLaren
Genere: Drammatico
Durata: 129’
Paese: Usa
Voto: 7

Vince ma di misura quest’ultimo Clint Eastwood. L’ispettore Callaghan si getta qui in una questione che va “al di là” della percezione umana e al di là dei temi da lui stesso adoperati. Siamo oltre l’eutanasia di Million Dollar Baby, la rabbia “paterna” di Gran Torino e l’eroica persistenza di Changeling (accomunati questi dal tema della morte). Siamo tra i fasci di luce dell’oltretomba nei quali si immerge letteralmente la giornalista francese Marie (Cécile de France), scampata miracolosamente allo Tsunami del 2004 (incipit stupendo e catastroficamente inedito per il cinema di Eastwood) e vittima di una visione che segnerà la sua vita, professionale e non, per sempre. Gli stessi fasci di luce verso i quali prova disperatamente ad avvicinarsi il piccolo Marcus (Frankie Mclaren), a cui il destino ha sottratto in maniera becera un amorevole gemello. 2 personaggi, il bambino e la giornalista, costretti a navigare nel limbo degli incompresi, in un mondo dove gli esseri “finiti” smettono di inseguire l’infinito perché la vita è un ginepraio di ambizioni veniali e animi depauperati. Il sensitivo George (Matt Damon) è invece oltre quella barricata, eppure il suo dono risulta, per sua stessa ammissione, una condanna. Ne capiamo il perché quando gli scheletri della bellissima Bryce Dallas Howard (mamma mia che occhi!!) escono prepotentemente dall’armadio stroncando sul nascere un tenero legame andatosi ad instaurare tra i banchi di un corso di cucina italiana. 3 solitudini destinate prima a incrociarsi, poi a sfiorarsi e infine a incontrarsi a Londra in un epilogo ove ognuno dei protagonisti trova la propria dimensione su questa terra. Un happy end senza risposte perché Clint sceglie saggiamente la strada del mistero (come fa il “mio” M. Night Shyamalan, ma a lui nulla è perdonato), lasciandoci soli col Domandone ancestrale, mentre sullo sfondo trionfa l’amore perché forse è esso l’unico strumento, la vera terra di mezzo, capace di innalzarci dalla nostra incompiutezza e per un attimo lasciarci assaggiare quei divini, incantevoli fasci di luce. Voto: 7.

Da vedere con Matt Damon: The Departed (2006), The Good Sheperd (2006), Invictus (2009)
Da vedere con Bryce Dallas Howard: The Village (2004), Terminator Salvation (2009)
Da vedere con Cecile de France: L’appartamento spagnolo (2002), Nemico pubblico N.1 – L’istinto di morte (2008)

3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. ciao Gio',
    pur non piacendomi Matt Damon come attore e pur non essendo un grandissimo estimatore del Clint regista (forse l'unico al mondo cui non ha convinto Gran Torino)ieri ho visto il film e mi ha molto colpito.

    Forse anche per la straordinaria scena iniziale dello tsunami: essendo Eastwood incredibilmente preciso nella regia e nel montaggio credo che quella scena così potente inviti lo spettatore a tenere subito alta la concentrazione, cosa necessaria soprattutto all'inizio per come è strutturato il film (stessa funzione ha per me la scena dell'esplosione in metropolitana). Piuttosto carente e anche un po' sbrigativo mi è parso invece il finale. Ma il punto del film credo sia il messaggio che intende veicolare, e Clint credo lo affidi ad alcune scene brevi ma significative e che potrebbe essere: in quest'epoca dove sempre più il tema dell'aldilà è trattato con razionalità e con un certo scetticismo laico piuttosto nichilista molto di moda(impersonato dal personaggio del regista della giornalista, per il quale dopo la morte 'si spegne l'interruttore'- scena breve ma significativa') Clint ci invita a considerare l'idea che ci sia dell'altro, un 'mondo dei morti' e che, cosa più importante, questo mondo sia completamente scevro da implicazioni religiose (lo dice la scena in cui il bambino cerca su youtube risposta alle sue domande-altra scena breve ma significativa); un invito insomma a non etichettare l'aldilà come un concetto esclusivamente religioso, o meglio a non rifiutare a priori l'idea di aldilà solo perchè si rifiuta quello di religione.

    Ci dice in pratica che è possibile avere una spiritualità ultraterrena senza necessariamente doverla esprimere attraverso un culto, qualunque esso sia.

    per il solo fatto di avermi provocate tutte ste riflessioni al film darei 9, che sarebbe stato di più con un finale più 'spiazzante' ma questo poi rientra nei gusti personali ;))

    RispondiElimina
  3. Negli anni ho imparato ad accettare qualsiasi tipo di finale nel senso che inizialmente davo troppa importanza all'epilogo...ora ho cambiato idea...in questo caso il finale era materia scottante...troppo rischioso!! Ho trovato svariate similitudini con il finale di E venne il giorno....

    RispondiElimina