martedì 21 febbraio 2012
Paganini Horror (Luigi Cozzi, 1988)
Cast: Jasmin Main, Daria Nicolodi, Pascal Persiano, Maria Cristina Mastrangeli, Luana Ravegnini, Donald Pleasence
Durata: 80’
Genere: Horror
Paese: Italia
Voto: 7 della scala Trash
Ebbene sì, non erano dicerie quelle che etichettavano Paganini Horror come uno dei trash imperdibili per i filospazzaturai del cinema italiano. Credevo non ci fosse più spazio nel gotha della filmografia tricolore accanto a capolavori come La croce dalle sette pietre e Il Bosco 1, invece un posticino di riguardo riesce (in)decorosamente a ritagliarselo questo film a dir poco raccapricciante. Una band rock all-women vive un periodo di crisi a causa di una forte carenza di idee - e soprattutto di talento - fin quando l’amico Daniel riesce ad accaparrarsi, con un accordo degno del Faust, uno spartito composto niente popò di meno che dal musicista Nicolò Paganini. Senza esitare il gruppo opta per una revisione del pezzo in chiave rock ambientando il video nella villa appartenuta proprio al celebre violinista, ma lo spirito di quest’ultimo, addobbato come il fantasma dell’opera alla corte del Re Sole, è pronto a mietere vittime. Credo nella buona fede del regista Cozzi (il suo filtro blu è come la steadycam per Marfori) che ha visto dilapidarsi il budget per il casting (anche se non si direbbe ma alcuni attori sono di calibro) e le scenografie, consistenti in un’accozzaglia di tende e manichini. Spesi tutti i soldini il produttore avrà poi scelto di rinunciare ad uno sceneggiatore dato che gran parte del film si basa su un andirivieni infinito tra l’esterno e l’interno della dimora. All’esterno con i protagonisti che invocano a gran voce amici che non faranno mai più ritorno: “Daaaaaaaaaaaaaaaaaaniellllllllllllllllllllll”, “Kaaaaaaaaaaaate”, “Daaaaaaaaanieeeeeeeeeeeeeel”, “Kaaaaaate” e mai domi “Proviamo a chiamarli di nuovo”, “Daaaaaaaaanieeeeeel”, “Kaaaaaaaaaate”. All’interno con momenti di rara beltà trash quando dinanzi ad amici in avanzato stato di putrefazione c’è chi sciorina una prognosi da Discovery Channel: “Questa muffa la conosco… è un fungo che cresceva soltanto nel ‘700, su alcuni tronchi del Nord Europa che servivano a produrre i violini più pregiati come gli Stradivari”. Madre de dios. E questa è soltanto una delle gemme rilasciateci da dialoghi mai sopra le righe (nooo mai), con disquisizioni su palesi alterazioni spaziotemporali e innumerevoli spiegoni a ribadire concetti compresi dopo la prima scena – come a dire “Spettatore hai capito cosa sta succedendo?? Perché te lo spiego di nuovo!!”. Lo spauracchio di Paganini che, colpito da un raggio di sole, si scioglie come un vampiro qualunque è un finale degno di questo capolavoro del non sense. Voto: 7
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RispondiEliminaMio caro Maestro Giovanni, lei ha dimenticato la mitica scena: one, two... one, two, three...
RispondiEliminaHai ragione....grave dimenticanza!!
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