martedì 28 febbraio 2012
Virus - L’inferno dei morti viventi (Vincent Dawn, 1980)
Cast: Frank Garfield, Margit Evelyn Newton, Selen Karay, Robert O’Neil, Gaby Renom
Genere: Horror
Durata: 93’
Paese: Italia/Spagna
Voto: 8.5
Nuova Guinea: all’interno di una centrale atomica un ratto imbizzarrito morde un addetto ai lavori che, dimenandosi selvaggiamente, apre accidentalmente una valvola dalla quale fuoriesce gas tossico capace di trasformare i morti in esseri affamati di carne umana. In un attimo Pandora è assediata dagli zombi. Scusate intendevo la Nuova Guinea: i morti viventi colorati di blu traggono in inganno. Insomma chi ci salverà da questo cataclisma??? La risposta giunge puntuale nella scena successiva mostrandoci uno spietato corpo d’assalto impegnato nello strappare un gruppetto d’ostaggi dalle mani di imbranati terroristi. Tale blitz sanguinolento (sottolineato da omicidi gratuiti) è il biglietto dai visita dei quattro SWAT protagonisti del film: l’organizzatore dagli occhi di ghiaccio, il mistico, lo gnomo farsesco e l’inutile. Al quartetto vanno aggiungendosi una donna dalle trovate geniali ed un cameraman con la fissa per i primi piani. Il viaggio all’inferno è appena iniziato. Bruno Mattei, alias Vincent Dawn, è il regista d’emergenza degli anni ’80, perché capace di trarre il massimo con il minimo del budget, e non fa nulla che realizzi tali imprese con azioni ai limiti del decoro cinematografico ovvero scopiazzando, inserendo scene già viste (voli di fenicotteri e aironi a iosa) ed allungando il brodo con spezzoni presi da altri film (la parte centrale, secondo “Cripte e Incubi” è estrapolata per intero da Nuova Guinea, l’isola dei cannibali). Il suo stile è anarchico da qualsiasi angolazione lo si osservi; la planimetria narrativa non ha alcuna affinità con quelle di un racconto standard, i momenti ad alta tensione sono posizionati alla carlona (la maggior parte all’inizio) alterando qualsiasi virtuale linea emotiva. Inoltre Mattei si diverte (consapevolmente o non? mi chiedo) ad abusare di tanti stereotipi del genere e al contempo violarli quando adopera scelte inedite, vedi l’esagerato accanimento sul bambino zombi e il fantasioso messaggio finale. Che poi il film sia la versione frullata dello Zombi (1978) di Romero, dal quale ruba l’intera colonna sonora dei Goblin e svariati momenti narrativi - il raid dell’incipit, il caos creato dai media e gli stessi personaggi – è soltanto l’ultimo dei problemi. Un gran casino insomma, esacerbato dalle performance allucinate dei protagonisti; sugli scudi senza dubbio il tarantolato Santoro (Frank Garfield/Franco Garofalo) che, perdendo la trebisonda ogni 10 minuti, si lancia a capofitto tra gli zombi tentando di ammazzarli a suon di sboccati vituperi e elucubrazioni sul senso della vita. Altrettanto efficace ma nettamente più trash Margit Evelyn Newton che oltre a detenere un numero infinito di primi piani con urlo annesso, si rende autrice della più sensazionale scoperta antropologica del millennio, l’abbattimento delle barriere comunicative tramite l’uso del body language pittorico. Vederla correre con le tette ballonzolanti, dipinte come dei bersagli, è la seconda cosa più assurda che abbia mai visto. La prima? Uno zombi che sale al volo in auto abbassando la testa per non sbattere nella portiera. Fenomenale. Mi son chiesto come da solo Mattei abbia potuto creare tale divertente abominio, poi notando il Claudio Fragasso di Troll 2 quale assistente regista qualche dubbio è andato svanendo. Voto: 8.5
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